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La coda del serpente (Maxmex)

by maxmex

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1.
DELIRIO DI CAPODANNO (Massimo Messina) Ho tolto le cornici a tutti i quadri e stacco le stanghette dagli occhiali, divelgo le lancette agli orologi, di colpo, non so più che giorno è oggi. Sminuzzo sigarette nei pacchetti, riverso pomodori dai sacchetti e svuoto di monete le mie tasche giacché strappo le toppe dalle giacche. Riappendo i crocefissi a tutti i muri, afferro il cappellino del Missouri, rimetto il corno rosso alle mie chiavi, ammaino le bandiere dalle navi. E giro cucchiaini a palmi inversi, mi aspetto che il caffè ritorni in chicchi, rifletto al vetro mio lo spremiagrumi e attendo che il limone ci si spicchi. Riaggancio le cornette negli armadi, rispondo e gli abiti sono spariti, che strano, ora che guardo dai contralti, sui miei leggii anche i fogli son spartiti. Mi accascio, 9 botti e son di spari, peccato che ho puntato tutto sul dieci, e via, tra briscole e su tombolini, il tempo fugge via dai miei Natali. Ci vedo doppio, ho due calendari, accendo tre candele ai San Gennari e sempre che qualcuno non si offenda, disciolgo il cero in più e brucio la tenda. Sparecchio in tutta fretta i tavolini, sparacchio a caso prezzi di scontrini con lo spauracchio che sono parecchi, sputacchio in terra semi di pistacchi. E giro mulinelli di silenzi, riavvolgo come lenze i miei dissensi, ripesco le indolenze dai miei stagni nel gracido migrar di rane e sogni. È Capodanno e i botti sono tanti e l’usignolo mio spero che canti e mentre aspetto l’ora si avvicini, raccolgo piume dentro i tuoi cuscini. È Capodanno e i botti sono tuoni e il carillon di Dio spero che suoni al campanello mio con le tue mani, sennò delirerò sino a domani.
2.
SE GUARIRÒ (Massimo Messina) Se guarirò, voglio tornare a correre, porterò i tuoi silenzi in tutti i viali. Se guarirò, voglio tornare a credere, getterò al vento giorni tutti uguali. E salperò, la tua bandana sulla testa, isserò vele e candidi sorrisi, combatterò, mi getterò nella tempesta, urlerò il nome tuo in tutti i mari. Se guarirò, voglio tornare a vivere, comprerò una chitarra, rossi stivali e suonerò sotto murales di graffiti, con la tua voce rotta nei miei incisi. E ballerò intere notti e luci e specchi portano via il pallore dei tuoi sguardi. Mi getterò a capofitto e quei tiranti risucchieranno i tuoi respiri stanchi. Voglio tornare a correre e non ritornare più. Voglio tornare a credere, non sprofondare giù. Se guarirò, giuro, non taglio più i capelli, toglierò le cornici in tutti quadri e strapperò lunghe bugie dai ceri sciolti, cancello a tutti libri i bui finali. Lavorerò, amerò tutti i santi giorni, voglio sposarmi e avere tanti figli. Se guarirò, voglio guarire tutti i bimbi e i disillusi affetti dai tuoi sogni. Voglio tornare a correre, per non ritornare più. Voglio tornare a credere, non sprofondare giù. Voglio tuffarmi tra le onde per risalir più su, un po’ più su… Voglio imparare a vivere con quello che io ho, restare qui e combattere e se ci riuscirò, voglio imparare anch’io ad amare, guarire solo un po’, un altro po’…
3.
SACRILEGIO (Massimo Messina) Giorni rinchiusi, giorni devastati, giorni senza più un domani, giorni sbattuti ai vetri di una finestra, giorni soli come cani. Giorni abbandonati, giorni delusi, giorni senza desideri, giorni aggrappati ai lembi di una coperta, giorni a sprazzi o tutti interi. E ogni stagione che va, è un libro chiuso, si sa. Giorni confusi, giorni smemorati, giorni in vena di ricordi, giorni giurati o a tradire una promessa, giorni muti e mezzi sordi. Giorni infiniti, giorni un po’ annoiati, giorni appesi in scuri armadi, giorni vestiti in attesa di una festa, giorni grigi e tutti uguali. E ogni stagione che va, è un libro chiuso e si sa, aprirlo è sacrilegio, oh, sacrilegio... E ogni domanda in più, ha la risposta dentro sé che ama viaggiare su treni senza orari, senza sosta, né binari. E ogni vagone in più, si rende conto e non ha idea di come e solo il tempo va, dove e solo il tempo sa. Giorni sguinzagliati, giorni glissati, giorni in cieli più leggeri, giorni storditi da una canzone in testa, giorni senza più pensieri. Giorni sventagliati in burka o nei bikini, giorni scostumati e austeri, giorni tranquilli, in balia di una tempesta, giorni destinati a ieri. E ogni stagione che va, è un libro chiuso e si sa, aprirlo è sacrilegio, oh, sacrilegio…
4.
GABBIA DI VETRO (Massimo Messina) Ogni qualvolta, affondo in un cuscino, ogni qualvolta, resto muto sul divano, ogni qualvolta che tu mi hai lasciato solo, con questo avverbio di cui tanto ho già abusato. E ogni qualvolta, rigiro il mio sgabello, vago per casa e me la prendo col destino, che questa vita poi, non è che un tiro a segno, prendi la mira e scopri d’essere il bersaglio. E in quel silenzio che lento piomba giù sulla mia anima, un fiume carsico sei tu che scava dentro i bui discorsi, e non m’importa più se ogni qualvolta apro la porta e non sei tu. D’altronde, io cammino piano, ogni qualvolta il piede mio si è addormentato, ogni qualvolta che tu mi hai lasciato sveglio in compagnia della mia ombra appesa al muro. E ogni qualvolta addento la tua torta, con quella rabbia di chi ha ormai la luna storta, ma non è altro che la fetta di una arancia, tu uva candita e io marinaio chiuso in plancia. E non c’è guerra, non c’è filosofia, nessuna lacrima che mi sorprenda un po’ di più, quanto il suono di un campanello che torni a illudermi ogni qualvolta ci sarai. Ma che ingiustizia, quale monotonia, di questa gabbia di vetro credi, non m’importa più, purché qualcuno arrivi e ascolti, declami una poesia con la tua voce e ogni qualvolta è andato via.
5.
ONDA DEL MARE (Massimo Messina) Prendimi onda del mare, portami dove ti pare, ché tu sei la più bella di tutte le mie sponde, ché tu sei la domanda a cui il nulla risponde. Gonfiati, prima di uscire, coprimi fino a svenire, ché tu sei la più alta di un’isola sommersa che su ogni schiena stanca la cieca furia spezza. Perdonami, perdona queste mani che non hanno odore, perdonami, dispensa iodio e sale, brucia il mio dolore. Scatena la tempesta, schiaffeggia dalle gote l’abitudine. Urla sull’altalena, sputa sul mio orizzonte gioia e lacrime. Sfogati, dama dei flutti, ombra di ponti distrutti, spalanca la tua bocca che buio e luce inghiotte poi sferra la tua danza, annienta le mie forze. Sferzami, spazza i miei giorni, sbalzami, strappami gli occhi, ché in te ogni speranza in schiuma si dissolve con quella tua carezza che mai nessuno assolve. Affidami per sempre a quei fondali che non hanno amore, annullami, disperdi i miei domani, placa ogni rumore. Sprigiona la tormenta, fracassa remi e colpe, frana su di me. Frantuma ogni barriera, cavalca la balena, crolla su di me. Allaga la coscienza, risucchia vele e barche d’inquietudine, conforta oblio ed assenza, trascina al fondo rabbia e solitudine.
6.
SFORTUNATO AMICO (Massimo Messina) Sfortunato amico che ti sei fermato, solo, in mezzo al fiume, a metà del guado, hai versato al vento l’ampolla di vetro, sfortunato amico, su, ritorna indietro! Sfortunato amico che ti sei perduto al di là del mare grosso, in un imbuto, hai girato il mondo dentro un mulinello, Dio mio, che peccato, proprio sul più bello! Ah, ti senti libero, ah, in quell’oceano? Ah, com’è, dimmi, in fondo è “pacifico”? Sfortunato amico, io ti ho perdonato, non l’hai mai sfiorata, tu me l’hai giurato, e per dimostrarti che non ho fardello da portare, amico, tieni il mio coltello. Sfortunato amico che ti sei fidato, proprio non ti ho visto, forse sei inciampato ma hai buttato tutto il male chiuso dentro, la prossima volta (se c’è) sta più attento! Ah, ti senti libero, ah, lì, sotto l’albero? Ah, com’è, dimmi un po’, non è magnifico? Sfortunato dunque, non sei mai tornato e vorrai scusarmi se non ti ho afferrato, ma se l’uomo è vile e fotte per davvero, un amico sai, almeno è sincero. Ah, ti senti libero? Ah, lì, come un tubero, ah, com’è, caro amico scalognato? ...... caro amico sfortunato...
7.
UOMO IN CLESSIDRA (Massimo Messina) Basta dare un calcio a quel pallone, forte, a frantumare la vetrina, ma a che serve rompere gli specchi quando poi a crollare è l’autostima? E una fitta pioggia di granelli sta così svuotando la clessidra, io rinchiuso dentro, a palmi inversi, col mio falso orgoglio “Made in Cina”. “Non mi lasciare mai, non mi tradire mai, non puoi sentire, questo vetro è tra di noi, non mi deludere, se vuoi ascoltare, rompi il vetro e capirai.” Io col mio gomitolo di dubbi, con il mio coltello in mezzo ai denti, che non vengo a capo dei miei errori, giro nella fossa i miei serpenti. E percuoto il vetro a pugni chiusi ma il mio urlo sbatte sui riflessi, il silenzio si volterà altrove, mentre il buio fugge tra i capelli. “Non mi lasciare mai, non mi tradire mai, non mi mentire, questo vetro tra di noi non è infrangibile, ci puoi contare, rompi il vetro e capirai." È una tortura che si consuma in mano, un’avventura che sfuma piano piano. Ah, che fortuna, qui abbiamo fatto bingo, abbiamo vinto al gioco! Questa partita è una scommessa persa, e l’amicizia, una ferita aperta. Oh che giustizia, che gioia, che bellezza, se rimango solo! “Non mi tradire mai, non mi mentire mai, non mi lasciare, questo vetro tra di noi non è infrangibile ci puoi provare, rompi il vetro e capirai, È l’astuta mossa del pedone che ruba il cavallo alla regina, poi confessa il furto e va in prigione, perso di una bambola assassina…
8.
BUONI PROPOSITI (Massimo Messina) Vetri da rompere, muri da abbattere e tanti fuochi da spegnere, alzarsi e combattere. Meglio bruciare all’inferno, sciogliersi subito, e ancora prima di restare solo, meglio precipitar giù che batter le ali a vuoto, intanto corro che perdo il mio volo. Spari da attendere, e via, una corsa ad ostacoli, ladroni e santi da appendere su forche e miracoli. Meglio randagi, ubriachi, restare povero, magari prima ch’io mangi un Hot-Dog, spogliarsi umili, scevri dell’effimero, anche se nudo mi vergogno un po’, confesso. Ma cos’è che è libero più dell’aria, di questo vento che va? Cos’è quell’albero spaventato nella foresta, chissà? Nodi da sciogliere, sogni da infrangere e troppi buoni propositi per poi non rimpiangere. Meglio sputare veleno, morderlo io il serpente, che al sol pensiero mi faccio paura, occhio, coraggio e sprezzo del pericolo, che col tri-lama mi taglio la gola. Scansare trappole, file e semafori, tra sguardi truci e rimproveri di orde di barbari… Meglio rischiare, trovarsi al centro di un maremoto ma col mio panfilo attraccato al molo, tanto per tutti, lo so, verrà il giudizio presto, che ancora un po’ di caviale lo spizzico… Già, cos’è più libero di un gabbiano nella tempesta che va? Cos’è più magico di un delfino nel mare aperto, chissà? Sarà quel desiderio rintanato nella coscienza, metà dubbio e metà galera, come anfratto di una murena, chissà? Cos’è più libero della prua come piuma al vento che va? Cos’è quell’albero tormentato dalla mia vela, chissà?
9.
SOLO FRA TUTTI (Massimo Messina) Io non provo dolore, non piango mai per una guerra, io non provo emozione per un tramonto od una stella, io non sento passione, che sia la pace o la violenza, non affido a Dio la mia indifferenza. Io davanti a un pittore, vedo lo squarcio di una tela, per me l’amicizia è rancore, la libertà non è una vela, io non cerco l’amore, non metto in gioco le mie carte e tra il bene e il male, scelgo, sto in disparte. Perché non tutto ha una ragione, e tutto non vuol dire niente, intanto il tempo striscia e ingolla la stessa coda del serpente, perché si vive una volta sola e a volte è troppo pure quella, per quanto sembra fuggir di mano il fumo di una sigaretta, non puoi più scherzare col fuoco, solo fra tutti, bruciando poco a poco. Io non provo più rabbia per le ingiustizie sulla terra, nascondo speranza, stupore, i sentimenti in una serra, non avverto il pudore, non mi commuove ormai per niente chi cammina scalzo, perso tra la gente. Perché chi arrampica la salita, su quel sentiero non lascia traccia, e chi disegna con la matita la parte allegra della sua faccia, ma chi ha raccolto sofferenza non teme affatto carestia o galera, chi ha transennato la propria coscienza, si è perdonato la vita intera e adesso è lì e brinda nel buio, solo fra i tanti, col suo bicchiere in mano. Perché chi si ancora al destino sa che non è approdato a niente, e chi ha donato al sole i suoi occhi, avrà vissuto quel cieco istante, ma se si ama almeno una volta, credi, non basta una sola vita a scivolare quella discesa, a terminare la partita, per poi risvegliarsi dal gioco solo fra tutti, coi propri dadi in mano. Io non cerco l’amore, non metto in gioco le mie carte e tra il bene e il male, scelgo, sto in disparte...
10.
DELIRIO DI CAPODANNO (Massimo Messina) Ho tolto le cornici a tutti i quadri e stacco le stanghette dagli occhiali, divelgo le lancette agli orologi, di colpo, non so più che giorno è oggi. Sminuzzo sigarette nei pacchetti, riverso pomodori dai sacchetti e svuoto di monete le mie tasche giacché strappo le toppe dalle giacche. Riappendo i crocefissi a tutti i muri, afferro il cappellino del Missouri, rimetto il corno rosso alle mie chiavi, ammaino le bandiere dalle navi. E giro cucchiaini a palmi inversi, mi aspetto che il caffè ritorni in chicchi, rifletto al vetro mio lo spremiagrumi e attendo che il limone ci si spicchi. Riaggancio le cornette negli armadi, rispondo e gli abiti sono spariti, che strano, ora che guardo dai contralti, sui miei leggii anche i fogli son spartiti. Mi accascio, 9 botti e son di spari, peccato che ho puntato tutto sul dieci, e via, tra briscole e su tombolini, il tempo fugge via dai miei Natali. Ci vedo doppio, ho due calendari, accendo tre candele ai San Gennari e sempre che qualcuno non si offenda, disciolgo il cero in più e brucio la tenda. Sparecchio in tutta fretta i tavolini, sparacchio a caso prezzi di scontrini con lo spauracchio che sono parecchi, sputacchio in terra semi di pistacchi. E giro mulinelli di silenzi, riavvolgo come lenze i miei dissensi, ripesco le indolenze dai miei stagni nel gracido migrar di rane e sogni. È Capodanno e i botti sono tanti e l’usignolo mio spero che canti e mentre aspetto l’ora si avvicini, raccolgo piume dentro i tuoi cuscini. È Capodanno e i botti sono tuoni e il carillon di Dio spero che suoni al campanello mio con le tue mani, sennò delirerò sino a domani.

about

Canzoni interamente scritte, suonate e cantate da Massimo Messina / Room-Studio 2016;
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credits

released December 3, 2016

Disegno originale di "Massimo Messina"

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about

maxmex Palermo, Italy

Massimo Messina (Maxmex) è nato a Palermo il 1° luglio 1963.
Autore di musiche, testi, poesie e lucidi deliri,
realizza in solitario le proprie raccolte musicali.

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