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Cieco abbaglio (Maxmex)

by maxmex

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1.
Credi che la vita sia una pianura, vedi solo nebbia e nulla più, e il cielo del domani ti fa paura se la notte scura ti nasconde il blu. Credi che quel vento sulla tua faccia soffi distratta e vuota malinconia, che il desiderio è il dubbio che si scaccia e dalla promessa nasce la bugia. Credi nelle stelle e che la fortuna non sia affatto cieca, ma troverà per tutti i biechi inganni una buona scusa, sciocca, la ragione si convincerà. Credi che il silenzio sulla tua bocca forse è soltanto sete di verità, e se hai la gola secca, da un’altra brocca bevi e la tua pace mai si sazierà. Credi entri il sole e che la tua stanza mai di sincera luce si riempirà, che imbratti tetti e muri di speranza, ma la tua coperta non riscalderà. Credi sia la voce della coscienza, l’urlo che ci conduce alla pazzia, che un mare calmo in fondo non ha pazienza, la realtà è la giostra della fantasia. Credi che oltre il faro ci sia una riva, ma che nessun timone ci guiderà, e in piedi, sopra il ponte o nella stiva, fredda la corrente via ci porterà. Credi che l’amore sia tutta scena, fintanto che il sipario discenderà ed ogni addio è il finale di una commedia che la sua battuta mai ricorderà. Credi che il tuo cuore non dia risposta, ma che sussurri fioca felicità, senza un motivo e senza farlo apposta, sempre la sua scossa ci sorprenderà.
2.
Vivo nell’angoscia e nella paura che tra fitte stelle ritornerai, incerto, come un tetto senza le mura, che il tuo cielo addosso non crolli mai. Vivo nel terrore, in continua fuga, spero che il tuo lazo mi afferrerà, abbarbicato al ciglio di una scarpata, sempre che il tuo braccio mi salverà. In tasca, stringo i sassi della tua luna, per frantumare i vetri della sera, per prosciugare il mare dai tuoi silenzi, ho fuso le mie labbra nella tua cera. Dimmi che verrai, spandi ora i tuoi unguenti, ma che il mio dolore non guarirai, dì che verserai luce nei miei occhi, ma il tuo cieco abbaglio non veda mai. Disteso, con l’orecchio sulla rotaia, sento il treno tuo che non passa mai. Vivo nel timore e nella preghiera che la tua catena si spezzerà, ma il tempo è l’usuraio di questa attesa che in contanti il dubbio ripagherà, e il giorno è il primo atto di una commedia, il pomeriggio, un santo che non suda, le mie stagioni, gambe di questa sedia, io sopra, a spergiurare come Giuda. Dimmi che verrai, placa i miei tormenti, ma dal mio delirio non svanirai, dimmi dei miei guai, fossa dei serpenti, mai se dentro o fuori mi tirerai. Dimmi chi sarai, quale tra i miei specchi, cela il vero volto che non mi mostri, dì che brucerai, luce tra i riflessi, ma il tuo cieco abbaglio che non mi tocchi.
3.
Oggi persino la pioggia sa di sale, bevo ogni goccia che cade nel cortile, ai primi accenni di una stagione, un desiderio di sole può ingannare ciò che vuol tacere. Ogni silenzio è un cristallo, può cadere, sotto i miei passi lo sento frantumare, Mi rendo conto che è un’ossessione, ma se nel cielo continuerà a brillare, si può deflagrare. Dove il silenzio va e dove il silenzio appare, dove il silenzio è pioggia, sa di sale, sono curioso se ha il tuo stesso odore, se pure tu lo riesci a respirare, voglio vedere come va a finire, mi siedo tra le brume e resto ad aspettare. Ogni pensiero è un veliero e può fuggire, da una canzone si porta via le strofe, non ha segreti né una ragione, per dire ciò che la mente può cantare. Ha fari spenti e si perde in giro, dentro i meandri più oscuri, ma in quel buio si sa destreggiare. Dove il silenzio sa e dove il silenzio vuole, affonda il suo coltello nel rumore, dimmi se il tuo, di contro, sa languire o se la fiamma brucia da impazzire, s’è dentro la mia testa oppure altrove e pure se hai le prove o credi di sapere. Sono curioso se il tuo avrà un confine, le stesse piume, crede di volare, se nella pioggia senti il suo sapore che cola come miele, eppure sa di sale.
4.
Bianca come il fiume, fredda come il mare, gira il mulinello, resto qui a pensare, brucia il suo silenzio sopra la mia pelle, quasi certamente, mi ha colpito un fulmine, non ricordo il nome. Una gita in barca dentro un paradiso, nulla mi rinfranca più del suo sorriso, che nemmeno il sole mi fa delirare e nessuna gomma potrà cancellare, chi mi ha spento il lume? E perlustro il cielo suo per rinsavire, ma poco da fare, mi ha colpito un fulmine, e a parte una rondine, non ricordo niente, e rimango immobile. C’è un grumo di sale, qui, nella mia mano, forse è il mio tormento che si scioglie piano, ma se stringo il pugno, mi percuote il dubbio, batte il suo martello sopra la mia incudine, colpi d’inquietudine. E se il suo distacco mi fa andar avanti, sono sotto scacco, non ci sono santi, spremo le meningi, mi fan male i denti, cerco nella mente, sfoglio le sue pagine, ma ogni lampo è labile. E seppure il vento liscia le sue piume, vago nel sentiero, solo tra le brume, ma ho portato un secchio, mi potrà servire, dal momento che mi ha già colpito un fulmine, verso le sue lacrime dentro il mio carniere e bevo un bicchiere. Sono in alto mare, cerco un salvagente, ma di ritornare non m’importa niente, poi è del tutto vano risalire il fiume, forse, veramente mi ha colpito un fulmine, e non sono niente, solo un corpo esanime, fermo ad aspettare e non ricorda il nome.
5.
Non vorrei apparire troppo facile, ma nemmeno tanto irraggiungibile, non vorrei sembrare troppo umile, ma neppure altero e mai più succube, non vorrei che mi crollasse il mondo addosso, ma neanche un cielo di fortuna, non vorrei, neanche io lo so che vorrei, se di tutto o un po’. Non vorrei trovare il gioco semplice, né un enigma a tratti irrisolvibile, non vorrei avere lo sguardo complice, né il carisma insulso di una cimice, non vorrei arrampicarmi ad ogni costo, per afferrare la tua luna, non vorrei, volerei piuttosto, ma poi tornerei al mio posto. Non è affatto facile, lo so, anche più difficile, ma ne uscirò con le idee confuse. Non vorrei mostrare le mie lacrime, tanto più le mie euforie ridicole, non vorrei mai superare il limite, quanto più passivo o sempre immobile, non vorrei sentirmi al centro dell’universo, né su un cammello in una cruna, e per te, salterei nel fuoco, ma poi brucerei per poco. Non vorrei manifestare il mio coraggio con un coltello sulla schiena, non vorrei, presterei il mio fianco, ma a chi? e poi, sono troppo stanco. È un oscuro vivere, però, tra le fitte brume, io percorrerò vicoli e autostrade, a mani protese, con le idee soffuse.
6.
Dammi quella cosa che vuoi, dammi quella cosa che sai, spicciola o rinfusa, ma che sia qualcosa che parli soltanto di te, calmi le pupille mie stanche, spalmi la tua pace di luce soffusa. Dammi quella cosa che prendi, dammi quella cosa che ignori, perché il tuo sorriso mi appaia una rosa, che sia mia e non tocchi nessuno, soffi il tuo silenzio ai miei occhi, che non suoni resa, né canti vittoria, e che mi distenda i tuoi mari, rubi alle colline i colori, profumi di chiesa e tu sia mia sposa, e che si attorcigli ai tuoi fianchi, una giostra di gigli bianchi, sia lunga l’attesa, ma non sia una scusa. Dammi quella cosa che punge le labbra, che brucia in silenzio nella gola secca, ma che sia un dolore che sciolga il sapore amaro mio nella tua bocca. Dammi quella cosa che sei, dammi quella cosa che fai, dammi la candela, purché non sia accesa, brilli in questa notte che abbassa tutte le serrande alla luna, nel pendio di stelle che il cielo riposa. Dammi quella cosa che non è speranza, ma conservi al buio della tua dispensa, che nel vuoto lasci cadere e quando l’afferri, qualcosa ti manca.
7.
È il suo cuore che batte, non rispondergli mai, la sua onda veloce che raggiungere vuoi, che ti rende infelice e il tuo mare corrompe, non lascerà che barche sulle rive. Il suo canto suadente fugge le retrovie, d’improvviso ti appare, ti racconta bugie, la sua smorfia è latente, il suo gesto commuove, non ha pietà del morso che ti attende. Lei ti sa incantare, al buio stende le sue ali bianche, lei ti sa ingannare, spande il vetro sulle mani stanche, lei ti sa stordire, col suo ballo che si avvita intorno, lei ti sa ghermire, scava un tunnel e ti fa luce in fondo. Niente fa sognare più di lei, né ti fa delirare, decide lei sin quando puoi sperare. La pozione sua è dolce, da non prendere mai, ma del drago o serpente non ha niente se vuoi, brilla quando sorride, accarezza la notte, ma la catena senti come stride. Lei ti sa ingabbiare, la sua pace mostra un cielo azzurro, lei ti sa mentire, la sua neve scioglie come burro, lei ti sa stupire, l’universo versa nel tuo sguardo, lei ti sa tradire, sputa gesso a un passo dal traguardo, lei ti fa saltare, quando il cerchio brucerà nel fuoco, lei ti fa bollire, ma ti illude che ci vuole poco, lei ti fa lottare, col coraggio e il muso da coniglio, lei ti fa salvare, il suo abisso inghiotte ogni sbadiglio. Niente fa volare come lei, ti promette più amore, ma sceglierà se e quando puoi impazzire, decide lei, se dentro vuoi morire.
8.
Combatterò per restare, combatterò forse per cambiare, non lo so che dire, non so neanche se combatterò. Combatterei forse per scappare da una malsana idea che mi assale, varcherei il confine, sarei un disertore, e da vile infame fuggirei dal male. Combatterò forse nel silenzio, amore, mi spiace tanto se tu non puoi capire, e non c’entra niente tradimento e onore, liscerei le piume e volerei altrove, non farei rumore, non dovrai temere. E se mai il coraggio troverai nel cuore, apri le tue tende e mi vedrai brillare, combatterò forse, finché il buio langue, e soffierò forte sopra le serrande. Non dovrei leccare più le mie ferite, né mai di quel sale sentirei bruciore, non avrei pudore, nessun malincuore. E se le sirene sentirai gridare, sciogli le tue vele e mi vedrai nel mare quando il cielo piange, e mi berrai sulle mani stanche, e tra le ghirlande sarà festa grande.

about

Canzoni scritte, suonate e cantate da Maxmex (Massimo Messina - 2022)

credits

released October 22, 2022

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about

maxmex Palermo, Italy

Massimo Messina (Maxmex) è nato a Palermo il 1° luglio 1963.
Autore di musiche, testi, poesie e lucidi deliri,
realizza in solitario le proprie raccolte musicali.

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