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L'America (Maxmex)

by maxmex

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1.
L’AMERICA (Massimo Messina) Dimmi che presto finirà o che una costa apparirà, anche se il sole non tramonta mai, anche se il vento brucia e tu lo sai. Prosciugami di verità, irrora il dubbio e pioverà, e se anche il sogno non rinuncia, dai, fa ch’io lo sfiori e non l’afferri mai. Già, tu sei l’America. Rivelami la profezia, anche se poi non è la mia, che se anche il cuore mio si fermerà, batterai un colpo e si ripartirà. Gioca d’astuzia e abilità, illudi le mie volontà, anche se il trucco non riesce mai, e la tua faccia orrenda mostrerai, tu sei per me l’America. già, tu sei l’America. Dimmi che senti questa musica, anche se musica non c’è, questa speranza mia di libertà, se è sete, fame, non saprei. Dimmi che vedi pure tu il gabbiano, che forse vola dentro me, ma il desiderio che sospinge piano, ti prego, non dir mai cos’è. Silenzia questa voce mia, urla baccano ed allegria, che tanto arrivo, anche se non mi vuoi, in cassa o in grembo, nei paesi tuoi. Che se anche tutto cambierà, un nuovo mondo apparirà, e se mai in barca o a piedi fuggirai, che sia frontiera o porto e non lo sai, tu dì che sei l’America, già, dì che sei l’America.
2.
DAVVERO (Massimo Messina) Se ci stringiamo le mani, cosa importa se sembriamo strani? Se poi restiamo vicini, anche se non siamo più bambini? Se ci guardiamo negli occhi, ti assicuro, non saremo sciocchi. Se appariremo diversi, sol perché noi non ci siamo persi. Se partiremo soldati, giù all'inferno ci saremo amati. Se torneremo nemici, salteremo in aria più felici. Se poi restiamo da soli sulla terra, perché tu non voli, io spiumerò le mie ali sulle tue, finché saremo uguali. Ma mi chiedo davvero se tu fai sul serio, davvero, se non siamo cani, che se tu lanci un osso, davvero, non posso afferrarlo e non portarlo indietro. Sì è vero, mi piace davvero, piuttosto, fermarmi non posso. Se ci sfioriamo i capelli, poco conta che diranno gli altri. Se rimarremo qui fermi, come statue, ai nostri piedistalli. Ci pareremo davanti al futuro, e non ci sono Santi. Ci passeranno su i giorni, carovane d’anni e di ricordi. Se poi sbuchiamo serpenti, strisceremo muti, a fari spenti. Se accenderanno le luci, schizzeremo in piedi e via, veloci. Ma mi chiedo ogni tanto, intriso di fango, se gli occhi tuoi son bui tartufi, mentre scavo in quel fosso, e davvero non posso star lì, senza saltarci dentro. Davvero, io sono sincero, li guardo, però non mi stanco.
3.
GABBIANI DEL SILENZIO (Massimo Messina) Cerco un po’ tutto e niente, cerco nella mia mente, cerco quel che neanch’io so. Nelle mie tasche vuote, dentro alle case, cose, cerco, quel che neanch’io so. Tra miei divani, fortuna e chiavi, cerco, qualcosa salterà. Cerco ideali, tolgo gli occhiali, cieco, ma so che troverò, quel che neanch’io so, quel che neanch’io so… Nudo come un serpente, solo, col buio in fronte, cerco, forse una luce in me. Tra i miei binari, sui ponti amari, certo, un treno passerà. Tra nuove terre e schiavi, tra mille lune e navi, cerco risposte, sopra barriere e coste, dopo il confine, oltre la fine, tra le certezze crude, dentro domande mute, quel che neanch’io so… quel che neanch’io so… Basta solo un po’ di vento e quel sogno va, e nel vento, mi nascondo, e nessuno sa. E noi, gabbiani del silenzio, lo cerchiamo fino in fondo, quel che resterà del tempo, ma nessuno sa. False amicizie e storie, grame vittorie, finta modestia e vanità. Castelli e palafitte, fiere sconfitte, certo, qualcuno esulterà. Dentro gli stadi, sopra gli armadi, cerco, non so che troverò. Dalle fessure occluse, tra le serrande chiuse, sempre qualcosa filtrerà, ma ancora non si sa, un sole, chi lo sa? Cerco nel mare, gente, cerco quel salvagente, cerco sulla mia pelle, cerco le caravelle, cerco l’amore, cerco il Signore, un nascondiglio, forse un appiglio. Basta ancora un po’ di vento e quel sogno andrà, e nel sogno mi addormento, neanche Dio saprà. Siamo i gabbiani del silenzio, che cerchiamo fino in fondo, in quel che resterà del giorno e nessuno sa. Sulle ali dell’inganno, nell’ipocrisia, e fin quando tira il vento, nella fantasia. E noi, guardiani dell’inverno, lo cerchiamo nel profondo, ciò che resterà del mondo e nessuno sa.
4.
A FARI SPENTI (Massimo Messina) Non so più se piangere, non riesco a ridere, e se provo a deglutire saliva o polvere. Dentro me c’è un male che non so sconfiggere, non so respingere, né respirare. Mio padre diceva… cosa, non importa, e se mai ho avuto un fratello, chi lo ricorda, e mia madre ripeteva di far qualcosa, che a ripensarci, poi, non c’è memoria. Tutte le tristezze che non so, le raccoglierai, io non so che farmene. Tutte le speranze che non so, te le porterai. Tanto, questa vita è solitudine, dunque tornerai, quando non lo so. Io non so se è vivere, se è camminare, se il silenzio è una corona che si può cingere, e il dolore, un velo che lo puoi indossare, non so decidere, neanche aspettare. Non so se ero a scuola, forse, sotto casa, se è un concetto naturale di retorica, ma se la vita è un libro che lo puoi sfogliare, non so che scrivere, non so più leggere. Tutte le promesse che non so, sono vere, sai, tu le puoi rivendere. Tutte le paure che non so, tu le vincerai. Quanto ai desideri, appare inutile, sono stelle ormai, se vuoi, puoi contartele. Guido a fari spenti, ma non so, dove porterai, ma ci puoi scommettere. Giro a piedi nudi e ancor non so, quando taglierai, quanto brucerò. Tanto, nella vita, il conto è semplice, basta amare sai, o si può dividere.
5.
IL CANNOCCHIALE (Massimo Messina) Puoi sventolare al vento una bandiera o la risposta, puoi camminare indietro o a fari spenti sulla giostra. Puoi stare lì, saltare sul vascello, solleticarti il naso con la piuma di un uccello. Puoi spifferare tutto o stare avvolto nel mistero, magari, circumnavigando in tondo l’emisfero. Potrai viaggiare “aggratis”, o fulminare il faro, con il tuo sguardo arcigno, il viaggio non è affatto caro. Potrai cambiare rotta, con la pipa su una mappa, svuotare la cambusa, mano in bocca, che ti scappa. Puoi speronar lo scoglio, senza mai farlo apposta, potrai annegare in porto, o a mille miglia dalla costa. Potrai sparare a salve o puoi lanciare un s.o.s. o salutare, tanto, se son “salve”, son le stesse. Potrai salpare un giorno, a riabbracciar tuo padre, ma se non hai contante, nada, sorry, mi dispiace. Potrai scrutare il cielo, da vero marinaio, gli occhi sbarrati, quasi fossi su una sedia a sdraio. Potrai scambiare 2 parole, al buio col vicino, se non risponde, forse è morto oppure, marocchino. Potrai udire i gabbiani, anche s’è ormai dicembre, dunque, non preoccuparti, se non senti più le gambe. Puoi visitare posti caldi, ma con diligenza, o consumare pasti caldi, in centri di accoglienza. Potrai avvistare terra, con il tuo cannocchiale, ma se non stai al tuo posto, poi vedrai che ti fa male. Potrai scappare, non appena toccherai la riva, e sanguinare a piedi nudi, a corto di saliva, o puoi restare, in fondo, con noi non si sta male, ma si può stare molto peggio, soli, in fondo al mare.
6.
COME FA UN BAMBINO (Massimo Messina) Voglio stare solo, tutto il santo giorno, con il mio silenzio, vorrei, ma non posso. Voglio stare zitto, solo, col mio sguardo, a bucare il tetto, perché non lo faccio? Con la mia teiera, di là, a filtrare il tempo che va, senza un orologio, tutto mi sembra facile. Voglio stare fermo, come un calendario, e a questo lavoro, vorrei dargli un calcio. Ma poi penso, come si fa, a spezzare il filo a metà? Questo girotondo però mi sembra inutile. E mi guardo intorno, come fa un bambino, chiuso nel mio mondo, e da qui non esco.
7.
UN’ALTRA RIVA (Massimo Messina) Finalmente il sole, finalmente, si va, non importa dove. Finalmente il cielo, dopo mesi di pioggia. E anche se tu mi dici che è normale, dentro di te, tu lo sai, per me è piovuto sale. Finalmente il mare, quel gabbiano che va, mi riscalda il cuore, ed il vento intona una canzone d’amore. Di certo tu, pensi che sia banale, forse è così, ma lo sai, ero caduto male. Ogni mente ha la sua costa e un faro oscuro che ci allontana. Lento il buio, il nero guanto stende, e non ricordi più la strada. Poi, tempeste e dune, tra cammelli e crune, a piegare la tua schiena, che la sabbia, si fa rabbia in corpo, fino a spezzarsi la catena. Finalmente un porto, quante voci tra noi, gente che sorride. Una nave imbarca, un’altra ancora ritorna. Sì, lo so anch'io, non è cambiato niente, ma vagavo sai, senza un dio, con le mie ali spente. Finalmente luce, la speranza che va, ma non sa che fare, una gioia, un’emozione, senza ragione. Non tremo più, non temo la corrente, e anche se non lo dirai, sei tu il mio salvagente. Nella vita, una passione nuova, è l’onda che ci riporta. Se ti perdi, hai un’occasione ancora, di afferrarti alla sua corda. Poi tramonti e stelle, lune e caravelle, a strapparti dalla stiva, con la smania, che ti spinge fuori, ad avvistare un’altra riva... un'altra riva... Questa smania, che ci spinge fuori, per avvistare un’altra riva...
8.
FURIA BLUES (Massimo Messina) A furia di cercare, mi son perso le parole. A furia di pensare, sono caldo più del sole. A furia di non fare niente, niente ho e nulla ho da dire. A furia di raccogliere le forze, non so più dove scavare. A furia di cantare, ho scordato le mie strofe. A furia di suonare, non mi voglio più sentire. A furia di confondere le cose, non mi importa del blues, né posso smettere, non mi piace quel blues, ma devo fingere, ho bisogno del blues, per poter vivere, forse è colpa del blues, ma non smetto di piangere, forse ho sbagliato tutto. A furia di campare, quasi ho voglia di morire. A furia di scappare, sono arrivato quasi in Cile. A furia di lustrare le mie scarpe, sono stufo di specchiarmi. A furia di frugare nelle tasche, ho solo unghie da mangiarmi. A furia di sognare, di incollare le ali ai piedi, a furia di volare, di sfiorare i marciapiedi, a furia di non essere felice, oggi faccio del blues, me ne voglio sbattere, non ho voglia di blues, ma mi devo convincere della forza del blues, ci devo credere, ma non basta che è blues, non riesco a sorridere. Sono stanco del blues, ma non riesco a chiudere, forse, perché nel blues mi voglio illudere, alla faccia del blues, non devo cedere, ma a dispetto del blues, lo devo ammettere, forse ho sbagliato tutto.
9.
VERO PADRE (Viaggio della speranza) Massimo Messina Tu sei il mio vero padre, e vivi in tutto il mondo, in ogni città, tu sei il mio vero padre, perché sei tu lo specchio dell’onestà. Tu sei il mio vero nome, che l’altro, quasi non lo ricordo più, sei forse un mendicante, però, lo so, non chiedi la carità. Sei tu il tozzo di pane, sei tu il sincero volto della bontà, magari, un grande attore, e anche se menti, dici la verità, io, appena un principiante, m’insegnerai poi tu, come si fa, o forse quel migrante, credevo fossi lì, per un istante. Sei tu il mio vero padre, sei tu la forza della ragione, ed io, tuo unico figlio, ti cerco in tutto il mondo, per le città. Tu sei il volto irreale, e quello vero che mai si svelerà, tristezza che fa male, tu, l’allegria del mio carnevale. Sei come mio fratello, e anche una madre, forse molto di più, l’amico più leale, che se fosse un amore, saresti tu. Tu, nobile ideale, concetto mio profondo di libertà, tu sei il mio Signore, Buddha, Gesù, Dio, Allah, mio salvatore. Sei tu la mia frontiera, e sei nella distanza che colmerà, la toppa sul mio gommone, l’onda che spinge acqua sul mio motore. Paura che mi assale, e sempre tu, il coraggio su cui contare, ed io, figlio prediletto, al buio o anche all’inferno, ti troverò, in fondo a un malincuore, oppure nel miraggio che svanirà, che sia questa vacanza, l’addio, la fine, o viaggio della speranza.
10.
L’APPRODO (Massimo Messina) Se potessi, giuro, partirei da solo, dal molo, che già la vita imbarca solitudine, e affondo, che stare a galla è sempre più difficile, nel mondo. Mani a mollo, non m’importa se corrodo, nel brodo, che ormai il silenzio brucia di salsedine, se affogo, perché l’approdo non è affatto facile, nel buio. Girerei città, strade, fino a perdermi, dove sia, si va. Se potessi, mi trasformerei in gabbiano, pian piano, che già, a desiderare non è semplice, pertanto, eccedo. So che non si fa, che sperare è inutile, questa è libertà. Tanto il cielo è grigio e grigio era il mio volo, non temo che la tempesta, freni le mie lacrime, ma è strano, tutto è perduto, eppure non so ora il perché sorrido.
11.
NOTTE SCURA (Massimo Messina) C’è una notte sola, c’è una notte sola, sotto la tempesta, sopra la mia costa, una notte asciutta, di saliva amara, dentro la mia gola, una notte in piedi, che quando ti siedi, ti risale in bocca, una notte nuova, una notte ancora, a girare la rotta. C’è una notte stanca, silenziosa e immensa, una botta in testa, che fa dire “basta!” una notte piena, una notte intera a piegare la schiena, coi suoi occhi neri, coi suoi occhi neri, che mi fa paura, una notte scura, una notte scura, a tramare nell’ombra. Notte losca, Notte fosca, Notte grama. C’è una notte bruna, che nel buio canta, come una sirena, che ti ammalia e inganna, che ti inghiotte e sputa con la sua la risacca, da bruciare la faccia. di stelle a milioni, di stelle a milioni, non ne hai più nessuna, una notte cupa, una notte lupa, a cercare la luna. Notte sporca, notte spoglia, notte scarna. C’è una notte buona, quando il cielo affonda e risali nell’onda, sulla cresta, notte in festa. Sulla sua bianca schiuma, la chiglia cavalca, con la sua pistola, a metà tra il mare, e l’azzurra frontiera, tra il pietrisco e il sale di questa vita austera. Oltre il blu confine, in sella alla fine, dove il blu scompare e ricomincia il mare. C’è una notte svelta, che ti salta in groppa, con la sua bisaccia, fugge via e galoppa. una notte indiana, a inseguir le luci di una vecchia corriera, una notte dura, soli, all’avventura, con le gambe in spalla. una notte ingiusta, che ti sveglia all’alba, con un colpo di frusta. Notte negra, notte prega, notte, scappa. C’è una notte calma, sotto la tua branda, che va su e ritorna, notte fonda, notte tonda. Poi, tra le mani vedi, trasformarsi in reti la curva criniera, e quelle lunghe staffe, ritornare scalmi, i tuoi coltelli, ami sopra tuoi freddi palmi. Una notte onesta, senza perdizione, a metà tra il sogno e la cieca ragione. Una notte oscura, fitta come i rami, dove solo il vento passerà domani.
12.
NUOVO MONDO (Massimo Messina) Chissà, c’è un nuovo mondo, al di là degli oceani? se ci sono città, se si può toccare il vuoto, oltre il confine, se ci sono semafori, animali diffidenti con cui convivere, o il silenzio che sussurra dagli alberi, e la vita non è pena che si può estinguere, le farfalle, di converso, si stingono, le montagne osservano, però non parlano, e la pioggia che ci chiama, a vederla, prima che possa cadere giù, che si rialza. Tic Tac, quell’orologio, davvero non sopporto più, il rumore lo sai, come il tempo, non si può disinnescare, e i minuti che passano, sono uccelli viaggiatori che ci salutano, come fanno tutti i bimbi che guardano gli aquiloni, perché sai, i sogni migrano, e il futuro che li guarda, perché il cielo possa un giorno ritornare blu, e l’amore che li salva, da ogni bomba d’acqua che potrà cadere giù, sotto il guanto di una palma, dove l’ombra trema, già li sento ridere, nel silenzio di una spiaggia, dove solo il vento passa, li vedo correre e scomparire…

about

Testi e Musiche di Massimo Messina.
Massimo Messina: Programmazione sequencer + pianoforte + chitarre + voci.
Room Studio @ Maggio 2019.
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credits

released April 4, 2019

Disegno originale di "Massimo Messina"

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Some rights reserved. Please refer to individual track pages for license info.

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about

maxmex Palermo, Italy

Massimo Messina (Maxmex) è nato a Palermo il 1° luglio 1963.
Autore di musiche, testi, poesie e lucidi deliri,
realizza in solitario le proprie raccolte musicali.

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