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Nella curva della sera (Maxmex)

by maxmex

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1.
IL TUO MOMENTO (Massimo Messina) Destinato a correre, destinato a vincere, destinato a credere, destinato a eccedere, destinato a crescere, destinato a incidere, destinato a mordere, destinato a sbattere. Ma presto sarai nessuno, fuori da ogni giudizio, i sandali nel vuoto, gli occhi del precipizio. Presto sarai da solo, il solco di un velluto, un clic di un solo scatto, fruscio di un disco rotto. Obbligato a vivere, obbligato a spingere, obbligato a spegnere fuochi da riaccendere, obbligato a ridere (di tutto), obbligato a fingere (di brutto), obbligato a evadere (dai vuoti), obbligato a uccidere (i tuoi sogni). Ma presto sarai un saluto, un’eco dallo spazio, l’attore di un film muto, insetto in un topazio. Vittoria o fallimento, è questo il tuo momento, sprigiona il tuo sternuto ora che sei nessuno. E ogni gabbia chiusa è libertà e l’attesa va di fretta e il rumore si assilenzia, dove frenesia e pazienza fanno coppia e amore e crudeltà si rimettono all’assenza e ogni dubbio fa certezza, l’assoluto è già vaghezza. Là, dove sparisce tutto, nulla scompare affatto, ragione e sentimento han stipulato un patto e il buio si è ammaliato di un vetro illuminato che il tempo, assai distratto, nel suo eterno inciampo ha frantumato…
2.
COSA PUOI FAR DI PIÙ? (Massimo Messina) Vedi, mi hai già sversato in turpi mari e rastrellato dai deserti, ormai hai spazzato oltre i confini, dopo di che, che potrai far di più? Hai già affondato le mie navi e mi hai abbattuto in tutti i cieli, sconfitto ormai su tutti i fronti, dopo di che, non potrai far di più. Hai già bucato le mie reti, senza quei sogni, non puoi far di più. Vedi, hai già conserto le mie mani, tolto il veleno dai miei denti, scavato rabbia a vene e polsi, dopo di che, non potrai far di più. Sciolto il dolore dei miei affreschi, raschiato gioia ai miei graffiti, scarificati i miei silenzi, non credo che tu possa dir di più. Chiusi i coperchi agli orologi, non c’è altro che tu possa far di più. Hey, senza di me che fai? non puoi più illudere, lo sai, di solitudine e di noia creperai. Senza di me, futuro e fortuna a chi prometterai? non puoi più vincere e di bile scoppierai. Hai sviscerato i miei segreti, hai prosciugato già i miei occhi, strappato cuore, unghia e artigli, non c’è altro che tu possa far di più. Hai spifferato ormai i finali, smontato luci, teli e sfondi, spento paesaggi d’ombre e dubbi, non credo che tu possa far di più. Hai arrotolato già i sipari, non vedo che tu possa fare ormai. Siamo solo un lampo nella curva della sera, un sussurro dell’oblio che grida, solo un soffio nel vento che spira. Siamo un solo sguardo nell’occhio blu di una pantera, un rintocco in più di una campana, un palleggio sordo al muro dell’attesa. Mi hai già incrociato sugli scalmi, non c’è altro che tu possa fare ormai. Hai già mischiato luna e abissi, non c’è altro che tu possa osare. Hey, quel desiderio brucia sai, porta pazienza e frenesia, e le abitudini che fai, le butti via? L’amore è così fragile, hai appena un sorso di allegria e tanta sete che il bicchiere trema ancora. E giù, piogge di lacrime, indifferenza e ipocrisia, mille speranze da strizzare, e un nodo in gola, puoi farci una cravatta, dai, ma di quel tempo in più che cola, ti soffi il naso e vedi che hai una vita sola.
3.
CIASCUNO È LIBERO (Massimo Messina) Ciascuno è libero di andar per la sua strada, ognuno è libero e fa ciò che vuole, fregare il banco o rimestar le carte, salvarsi il culo oppur sfidar la sorte. Ciascuno è libero nella propria pazzia con la sua cassa di bottiglie vuote, che si ubriachi o passi la giornata sul molo ritto o a consumar le suole. Ciascuno è libero nella sua stessa gabbia, di cinguettare sopra un davanzale, sguazzare nudo senza alcun pudore e chi si indigna può guardare altrove. Ciascuno è libero di far come gli pare, bruciar di pace, odio e religione, sputare in faccia a schemi e agli ideali, ma soprattutto a chi non dà ragione. Ciascuno è libero nella propria galera, da miserabile o da gran signore, che sia di un panfilo o angusta stanzetta, di esercitar diritto di prigione. Ciascuno è libero di far la prima scelta e avere torto anche se avrà ragione, di sbriciolarsi al muro dell’attesa, in viaggio eterno e non contar le ore. Sopra i vetri o sulla brace, ciascuno è libero di stare in piedi, poggiare le ginocchia sul velluto o macinarle a piombo sopra i ceci. Sian di pioggia o sian di cera, ciascuno è libero con le sue ali, di avvicinarsi al sole e di squagliare, o sfracellarsi al suolo nei suoi occhiali. Ciascuno è libero di aprir le sette porte, vagar nel buio e non saper la chiave, ognuno è libero di possedere un cuore, essere schiavo senza mai padrone. Ciascuno è libero di scriver la commedia e recitare a braccio il suo copione, spappagallare al centro della scena, stare in disparte o al centro di un loggione. Ciascuno è libero di ordire e ritrattare, parlar di tutto senza dire niente, vuotare il sacco innanzi a una folla che plaude e ritrovarsi solo tra la gente. Ciascuno è libero a inseguire o di fuggire, occhi di lupo e cuore di gazzella, di aver le corna o star sulle due zampe, colare a picco o rimanere in sella. Ciascuno è libero di smetter di fumare, sniffarsi poi un intero zampirone, di scegliersi la propria dipendenza, con più misura e giusta proporzione. Su nel vento o sulla giostra, ciascuno è libero di fare un giro, di non tentar nemmeno la rincorsa, quando la vita toglierà il respiro. Sulla luna o per le scale, ciascuno è libero nella sua pelle, sperar che passi svelta la nottata o di tornare a riveder le stelle. Ciascuno è libero di scombinare il letto, versare zucchero nel caffellatte, di consumare in fretta e lasciar la stamberga, tutti in carrozza, presto, che si parte!
4.
FORSE CAPIRAI (Massimo Messina) Chiedimi se sono felice, chiedimi se vedo una luce, chiedimi se ho più respiri, chiedimi se sento una voce. Chiedimi se trovo mai pace, se le mie rughe sono profonde, chiedimi se parlo agli specchi e se mai qualcuno risponde. Chiedimi se ho voglia di uscire, oppure di ballare, chiedimi se è mai troppo tardi per guarire da tutti i sogni. Chiedimi se voglio fuggire da struggimenti e inganni, chiedimi se amo la gente, oppure no, non m’ importa proprio niente. Chiedimi se anch’io ho tanti amici, se credo nell’amore, chiedimi se forse è un errore, volere tanto e non desiderare. Chiedimi se questa è la fine o se sto già per partire, chiedi se sarà un lungo viaggio, se spero di tornare. E forse capirai anche queste mani che hanno cercato invano di afferrare il vento, che non basta uno sguardo solo a spalancare un po’ di cielo, se ho paura di volare. E forse capirai tutti i miei silenzi, tutte le frasi che oramai non so che dire, se non trovo il coraggio o se riesco a guardare in questo abisso, se ho paura di cadere. Chiedimi se il mondo è reale, chiedimi se tu sei reale, se tutto questo ha una ragione e anche se, quale importanza possa avere. Chiedimi se è vuota ora la stanza di questa fredda stamberga in una sperduta e buia trazzera ma lascia che io ancora m’illuda d’esser davvero qui con te stasera, ora chiedimi conto, ora chiedimi scusa. Ti prego fa qualcosa, che non basta né uno schiaffo o una carezza e non serve nemmeno un po’ di amaro o di dolcezza, abbiamo fatto uno sbaglio ma di svegliarmi adesso no, non ho premura, ti prego chiedimi tutto, chiedilo sempre, chiedilo forte, chiedilo ancora!
5.
NELLA CURVA DELLA SERA (Massimo Messina) Nulla ti confonde né ti fa paura, nulla più ti appare vano, niente brucia e si dispera nella curva della sera. Nulla ora ti offende, mente e ti tortura dentro l’occhio del sultano, e ogni luna è prigioniera nella notte capinera. E il mare giù è un tappeto damascato, che ogni onda giunta dall’oriente ha l’andatura di un dromedario. Passa dalla cruna e diventa vela l’oscuro sudario, mentre si consuma quest’ultima cena senza stingere. Nulla ti sorprende e ti fa soffrire né ti farà sentire solo, succube di un buio destino, forestiero nel mattino. E tutto sembra lievitare intorno, che anche le stelle appaiono sformate come brioscine calde di forno. Nulla ora ti aspetta, fugge e va di fretta verso alcun futuro, passato o cometa, verità sospesa pronta a illudere. E non vuoi tornare più e non puoi sentirti più irrilevante in quel cielo importante, non dovrai mentire più. La pace dentro gli occhi tuoi stringila forte finché lo vorrai, non c’è orologio sullo sfondo che non si fermi mai per noi. Nessuna attenzione che tolga il saluto, ti farà sentire sputo e il silenzio ha già poggiato la risposta sul velluto. E non c’è candela, luce ed atmosfera, promessa o bugia sincera, mezza ladra o mezza intera, nella curva della sera. E l’orizzonte ha spento il suo fermaglio e nessun vento bacia più la rima perché un pavone scopra il ventaglio. Che anche la fortuna scuote la sua nuca e mostra i dadi in mano. Passa la frontiera una vita intera senza scorrere. Equidistante tra il buio e l’assente, non dovrai guardare più la torcia della frenesia o il cupo lampo tra senno e pazzia che ci trascina giù in un gorgo senza lasciare mai la scia. Irrilevante, equidistante... La pace dentro gli occhi tuoi stringila forte finché lo vorrai, non c’è orologio sullo sfondo che non si fermi mai per noi.
6.
PIOGGIA SUL VELLUTO (Massimo Messina) Paese che vai, rabbia e povertà che trovi, paesaggi che incontri, gas, veleno, terra e fuochi. E ti ritrovi qui a giocare solo coi tuoi dadi in mano, oppure a sniffare devastato sul divano. Siamo tutti soli in questo mondo come lampi ciechi di un secondo, ed anche se sinceri o falsi, non vinciamo mai. Paese che fuggi, sangue e crudeltà che ignori, paure che tocchi tanto per restarne fuori. Un girotondo senza mani, un orologio a meccanismo inverso, siamo echi lontani dopo un viaggio nel silenzio. Fiduciosi o nel guardarci intorno, abbronzati e crudi in questo forno, e anche se lieti o in giorni bui, non bruceremo mai, finché la forza e la speranza bruceranno in noi. Dietro noi non c’è nessuno, dopo noi, nessun futuro, siamo stracci appesi a un muro, fogli blu di un calendario. Ammassati al bastimento, noi, soldati di un momento, in attesa dello sbarco, tutti nello stesso varco. Paese che cerchi, pace e libertà che implori, perso tra i fondali o incagliato nei tuoi sogni. Figli di un dio o di uno sciamano, frutto di oscuro disegno, di un perduto amore o una notte senza impegno. Siamo pioggia fitta sul velluto, più del mare e meno di uno sputo, e tutti, schiavi o bucanieri, non salpiamo mai. A picco senza uno straccio di telo, sopra i trampoli su un grattacielo, e sia realtà che fantasia, non voleremo mai, tanto si sa che questa vita volerà per noi. Oltre noi non c’è universo, il passato è ormai disperso dentro l’occhio del sultano, nel cratere di un vulcano. Tutti intorno a un fuoco spento, senza strofe e ritornello, navicelle senza aggancio nel countdown senza più lancio. Siamo gocce sul velluto, sian di pioggia o sia uno sputo. Dietro noi non c’è nessuno, dopo noi, nessun futuro, siamo stracci appesi a un muro, fogli blu di un calendario. Oltre noi non c’è universo, il passato è ormai disperso dentro l’occhio del sultano, nel cratere di un vulcano. Come fogli di un concerto, adagiati su di un palco, portellone sempre aperto, tutti pronti al grande salto. Figuranti del film muto, scivoliamo in un imbuto, prigionieri dello spazio come insetti in un topazio.
7.
CADO (Massimo Messina) Cado, tutto è luce e buio e cado dolcemente come un dado dentro un brodo profumato, come goccia di candela mi rapprendo e sono pago, prodigioso come un mago, mi travesto e sono ladro nella curva della sera, e non mi sembra possibile roteare contrario su uno spago, sconfinare l’universo su di un drago. Cado, non m’importa dove vado, se nel vuoto o all’infinito, giù, tra l’assoluto e il vago, poi m’infilo dentro l’ago, testa in giù col mio cammello, sopra un sentimento brado, nel disserto di un divago, non m’importa se son solo, e non mi tocca discutere di niente, amare, disperare, che se sbaglio, non importa più a nessuno. Mi sento in paradiso, come un girotondo, un supplì di riso che crocca dentro un forno. Cado dal mio ricordo umile e dovunque cado, dimentico. Cado, come nera fuliggine mi disperdo e nell’oblio mi abrado, com’eco di un rimbalzo. Cado nel bel mezzo di un concerto, un applauso a cielo aperto, con il mio sorriso scalzo, corro controtempo e sbando nel silenzio e mi sorprendo se a ogni desiderio infranto, resto immobile e riaccendo una stella col mio sguardo, e non mi sembra ammissibile pregare, sperare, ringraziare, e non imploro di voler tornare indietro. Mi sento un ragazzino, una biglia di vetro e in questo bigliardino, m’insacco in porta e cado. Cado col mio pensiero fragile, lentamente scivolo dentro a un imbuto. Cado nella mia nuda immagine, non provo disagio, mi sento a posto, nel tempio di un soqquadro.
8.
SI VA IN SCENA! (Massimo Messina) Parte un colpo e fugge la paura, il dolore inarca la sua schiena, lascia scivolare la pistola e il buio è un’ombra con le mani alla cintura. Ma tranquilli, è solo un trucco, ora si rialza, è tutta scena. Zitti tutti, fermi che si gira con la vita giù sulle lenzuola, mentre allarga quella macchia nera, ma quale orrore, non è sangue, è coca cola. Sembra dentro al personaggio ma poi si riprende e si riprova. Pochi istanti, qui bisogna andare avanti, presto, si va in scena! Il silenzio è un tocco di bravura, quella luce intatta filtra appena e la pace è un marmo che si sfiora, respira ancora o è fiato della colt che fuma? Per fortuna che è finzione, si alzerà di scatto, non temete. Grazie a tutti, comprimari e figuranti, bene, molto bravi, complimenti. Del talento no, nulla da dire, anche se tutto è da dimostrare, perché chi non mostra la sua faccia non ha futuro e il nome suo non lascia traccia. Benché sia un vero portento, che s’è vivo si capisce a stento. Quella voce poi dovrà sparire, la sequenza, sì, è da rimontare, il finale, da dimenticare, per i ritocchi ingaggeremo un altro attore. Ma non serve che aspettiate, ci raggiunge dopo, uscite, andate. Non importa, cominciate, voi brindate pure, festeggiate. Stop motori, fuori i teli, via gli sfondi, giù i paesaggi, luci e fari spenti. Via anche i muri, giù i soffitti, quadri e specchi tra scenari finti arrotolati.
9.
SARÒ VICINO (Massimo Messina) Fuggiamo via da questa gabbia di matti, alzati, vestiti e usciamo fuori subito. Lascia sul letto girasoli e diamanti, tirati su quel foulard, saluta il pubblico. Apri l’ombrello ad illusioni e inganni, copri il tuo viso, sarà un inverno gelido. Non ho certezze, ma speranze e sogni, prendili e scusa se non verrò oggi con te. Ricordami, quando il vento soffierà e tu rispondimi, se il tuo cuore parlerà. Come il mare nei paesi caldi, presto arriverà il futuro, laddove i giorni ridiventan spiagge, voltati e sarò vicino. Facciamo un piano, non destiamo sospetti, squarciamo il telo e poi giù, un volo d’angelo. Non fa mai male ritornare gli stessi, se risucchiati all’indietro come un gambero. Non serve un gioco di parole e specchi, né abilità ed alchimia o trucchetto squallido. Socchiudi gli occhi e afferra la mia mano, ma al tuo risveglio io non sarò più lì con te. Perdonami, se anche il buio esploderà, ma tu non perderti, se il mio volto svanirà. Uno schiocco, un battito di ali, tutto apparirà lontano, ma quando gli occhi torneranno stelle, aprili e sarò vicino a te. Ripensami, quando il ghiaccio scioglierà, e tu aspettami dove il tempo inciamperà. Con un lento sfarfallio di luci, l’onda spazzerà il deserto, dove i delfini sembran rocce bianche, voltati e sarò vicino a te. Come il mare nei paesi caldi, presto arriverà il futuro, laddove i giorni ridiventan spiagge, voltati e sarò vicino a te. Saremo i benvenuti del silenzio, la proiezione di un fotogramma statico, scivoleremo dentro a un imbuto, la dissolvenza e il finale, io li lascio a te.

about

Canzoni interamente scritte, suonate e cantate da Massimo Messina / Room-Studio 2017;
Maxmex: Programmazione; pianoforte, chitarre, synth, voci.

credits

released February 5, 2017

Voci supporto: Dany ed Azzurra Messina;
Disegno originale di "Massimo Messina"

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about

maxmex Palermo, Italy

Massimo Messina (Maxmex) è nato a Palermo il 1° luglio 1963.
Autore di musiche, testi, poesie e lucidi deliri,
realizza in solitario le proprie raccolte musicali.

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